Classe 2°A Elettronica
Un altro anno di guerra
Ho perso la cognizione del tempo. Ormai da giorni mi sento perso e confuso qui nella mia stanza, nella mia città, o quel che ne resta; spari, esplosioni e morti sembravano una realtà che non mi appartenesse, ma ora tutto ciò che prima era la normalità, ora è divenuta un sogno. Tutti i luoghi che significavano qualcosa per me, ormai, non ci sono più, restano solo macerie, brandelli di case e persone di cui me ne rimane solo il ricordo. Del campo dove andavo a giocare con i miei amici non resta che un filo d’erba; quel campo che prima portava gioia e divertimento ora, se ci penso, mi porta malinconia e tristezza ma non solo, quando ci passo davanti la rabbia sovrasta tutti gli altri sentimenti e allora vorrei spaccare tutto e vendicarmi di chi ha causato tutto questo. Ormai non c’è più nulla, non è rimasta nemmeno la scuola, che era l’unico luogo che ci avvicinava perché ci accoglieva tutti e lì potevamo essere ragazzi, simili ma anche diversi, con i nostri sogni, con le nostre malinconie, con i nostri momenti di gioia e di sconfitta. Pensavamo, giocavamo, ci divertivamo, ci innamoravamo, ci arrabbiavamo, ci ribellavamo… Ora più nulla. Eravamo consapevoli che presto tutto sarebbe svanito e allora, ad ogni saluto, provavamo rimpianto e tristezza, ma andare a scuola ci faceva sentire ancora uniti e speranzosi. Ora so quello che devo fare, ed era la paura che mi ha accompagnato in tutti questi mesi di violenza, sopraffazione, morte: abbandonare questa casa. Oggi partirò, andrò via da qui e non mi volterò più. Le saracinesche abbassate, i camion carichi di tutte le cose che la gente in fuga è riuscita ad ammassare: materassi, carrozzine, biciclette, ma anche cibo, biancheria, libri… Ecco cosa vedo introno a me. Sulla strada i veicoli in coda si allontanano dal paese e vogliono pensare di andare incontro alla speranza, alla salvezza, anche se il pericolo cresce e il buio ci riempie di angoscia. Mentre mi allontano penso che a breve la mia casa sarà distrutta e mi ripeto che l’importante è sopravvivere, poter continuare ad abbracciare i miei cari. Come tutti, in questi giorni di fuga, ho dormito dov’è capitato: per terra, in mezzo alla strada, cercando di ripararmi dal freddo usando tutto quello che trovavo; sono avvolto da un’enorme tristezza e ogni istante che passo così perdo la speranza e il coraggio di potercela fare. Io, come tutti gli altri, sembro un animale che aspetta di andare al macello. Ogni tanto, da lontano, sentiamo il rumore della guerra avvicinarsi, e il rumore divenire sempre più assordante, per sparire e ritornare più forte. E’ un terrore mai provato, che poi lascia spazio a un grido di rabbia, ribellione e disperazione: quando finirà? Perché siamo soli? Noi non abbiamo colpe! Io, profugo in fuga, come tutti gli altri: stanco, affamato e sporco; siamo tanti, tutti uguali e non sembriamo più essere umani; di contro, la gente “normale”, quella che dovrebbe accoglierci e aiutarci, quella che dovrebbe capire, si allontana, chiudendoci la porta in faccia perché vede in noi dei relitti umani che spaventano. Ci vedono così diversi da loro, ma non sanno che noi eravamo come loro e loro potrebbero diventare come noi.
RACCONTO PER TOTEM ELABORATO DAI RAGAZZI DELLA 2°AE.
UN GRUPPO HA ELABORATO LA LINEA E STESO LA PRIMA VERSIONE DEL TESTO, UN ALTRO GRUPPO SI E’ PROEOCCUPATO DI RAFFINARLO. ABBIAMO PRESO SPUNTO DALLA REALTA’ INTERNAZIONALE E NAZIONALE DI SOPRAFFAZIONE, VIOLENZA, INDIFFERENZA E PAURA. CI SIAMO FATTI ISPIRARE DALLA LETTURA DELLE POESIE DI UNGARETTI, DALLA LETTURA DI ALCUNI BRANI DEL ROMANZO DI IRENE NEMIROWSKY (TEMPORALE DI GIUGNO: LA GUERRA) E DALLA LETTURA DEL DIARIO DI DAWID SIERAKOWIAK.